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 TANTO PER RICORDARCELO [di Roberto Campagna]

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MessaggioTitolo: TANTO PER RICORDARCELO [di Roberto Campagna]   TANTO PER RICORDARCELO [di Roberto Campagna] Icon_minitimeMer Giu 17, 2015 9:04 pm

TANTO PER RICORDARCELO

L'11 giugno 1289, alle prime luci di un giorno caldo e afosissimo, di fronte alla chiesetta di Certomondo, sulla piana di Campaldino, al grido di Viva Montaperti, San Donato cavaliere! Bonconte da Montefeltro guidava la carica dei feditori ghibellini aretini contro l'esercito guelfo-fiorentino. Poche ore dopo, vista perduta la battaglia, fu chiesto al vescovo di Arezzo, Guglielmino degli Ubertini, comandante dell'esercito ghibellino, di scappare via e cercare scampo ad Arezzo. Ma il vescovo non volle saperne. Quasi settantenne, si mise alla testa dei pochi fanti rimasti e guidò di persona una improbabile carica. Aveva sempre temuto di morire per mano di un potente rivale politico, finì trafitto dall'anonima picca di uno sconosciuto fante. Quel giorno nacque l'Europa nuova delle banche, dei mercanti, delle corporazioni, rappresentata da Firenze. Fini il medioevo dei liberi comuni, rappresentato da Arezzo e dal suo vescovo, che era ghibellino perché esserlo era l'unica speranza di garantire l'indipendenza comunale, che era allora sinonimo di libertà.
Finì anche la storia di Arezzo. Mai più le vicende italiane ed europee sarebbero dipese dalle sorti di questa città. I più grandi condottieri dell'epoca, Bonconte da Montefeltro, Guglielmo dei Pazzi del Valdarno, nipote del Vescovo aretino, ghibellini, e il comandante delle truppe guelfe, Guillaume de Monfort, morirono insieme ad altri duemila. Si salvò Dante, che, giovanissimo, era ta i feditori di Vieri dei Cerchi e visse quel giorno, per sua stessa ammissione, con "molta temenza". Oltre mille aretini furono fatti prigionieri. i più ricchi furono liberati poco tempo dopo dietro pagamento di un riscatto. Tutti gli altri morirono in pochi mesi, per le inumane condizioni delle carceri fiorentine.Di alcune centinaia di questi, ultimi tra gli ultimi, non fu richiesta nemmeno la salma. Furono gettati in una fossa comune che si trova all'angolo dell'attuale via Ripoli con Via Accolti. Quel piccolo giardinetto, noto come Canto degli Aretini, pochi metri quadrati con al centro una colonna ottocentesca con una scritta di Isidoro del Lungo, è sotto la giurisdizione dell'amministrazione comunale di Arezzo. Un fazzoletto di Arezzo nel cuore di Firenze. Ogni anno, in questo giorno, ci si svolge una cerimonia commemorativa.
Gli aretini che capitano a Firenze, ogni tanto dovrebbero portarci un fiore.Dedico questo post a tutti quegli aretini che credono che baluardi dell'aretinità siano il Lucertola, le bestemmie a voce alta, le bischerate del Penna, il vantarsi di essere ignoranti e rozzi e tutte qulle cose che, in realtà, sono solo l'eredità triste di tutti quei secoli in cui siamo stati una disfatta colonia fiorentina senza peso. Quella città lì di Arezzo aveva solo il nome, non ha nulla a che fare con l'Arezzo città coltissima longobarda e con la città che ospitava con Guglielmino il primo Conclave regolare della storia, e quegli aretini lì sono sottoprodotti che ereditiamo dal disastroso giogo dei Medici, non hanno nulla a che fare con gli aretini veri, che davvero "corsero giostra", ma non in Piazza Grande in mezzo a ubriachi chiassosi , ma a Campaldino, contro fiorentini, francesi, lucchesi, emiliani e senesi nel triste sabato di San Barnaba
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